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Mesopotamia: sumeri e accadi
I sumeri migrarono in Mesopotamia meridionale attorno al V millennio a.C. Inizialmente diedero origine alle culture di Eridu e Obeid e successivamente alle prime città e alla scrittura cuneiforme. Organizzati in città stato con a capo un principe, ebbero in Eridu, Isin, Kish, Lagash, Larsa, Nippur, Ubaid, Ur e Uruk, alcune delle città più importanti. L’arte e l’architettura celebravano il potere e la religione con l’erezione, già in età preistorica, di grandi templi.

L’impero sumerico venne abbattuto dal re accadico Sargon il Grande (2335 – 2279 a.C.), di origine semita, fondatore della dinastia di Akkad. Dopo un intermezzo con al potere i Gutei, una popolazione proveniente dai monti Zagros (Iran occidentale), iniziò il secondo regno sumerico (2050 a.C.), dove emerse la figura di Gudea, principe dedito alla pace e alla costruzione di templi. Attorno al 1950 a.C., il potere in tutta la Mesopotamia passò agli amorrei, semiti delle regioni desertiche occidentali stanziatisi in Mesopotamia attorno al II millennio a.C., che misero fine alla civiltà sumera. Nel XIX secolo a.C. crearono diversi stati, tra i quali Assur e Babilonia, dove fondarono la prima dinastia babilonese. La dinastia amurrita di Babilonia, durante il regno di Hammurabi (1792 al 1750 a.C.), unificò la Mesopotamia sottomettendo Assur nel 1755 a.C. e Hammurabi divenne l’unico sovrano di Sumer e Akkad. Gli amorrei assorbirono alcuni aspetti della civiltà mesopotamica, adottando anche la lingua accadica.
I sumeri inventarono la scrittura e le prime testimonianze, datate 3300 a.C., furono scoperte su tavolette di argilla nella città di Uruk; in tal modo poterono tramandare i nome di centinaia di dèi.
La religione era politeistica; il pantheon governava l’universo secondo un piano prestabilito e comprendeva una serie di divinità invisibili, immortali e con poteri sovrumani. Ogni città aveva una divinità principale che risiedeva in un santuario ed era il sovrano della città rappresentato in forma umana dal re (ad esempio An era il dio di Uruk, Enlil di Nippur ed Enki di Eridu), ciò a differenza dell'Egitto in cui il faraone era a tutti gli effetti una divinità. Secondo lo storico delle religioni Paolo Scarpi solo con l'avvento del regno di Akkad si incontra per la prima volta una dichiarata divinizzazione del re, forse proprio per effetto del modello egizio. Il primo sovrano a essere divinizzato fu Naram-Sin (2254-2218 a.C.) che, accanto al nome, porta la dicitura dingir (divinità). Precedentemente la divinizzazione sembra aver riguardato solo alcuni re mitologici, come Dumuzi (Tammuz) o Gilgamesh.
Si credeva che l’essere umano venisse modellato nell’argilla e il suo unico scopo fosse di approvvigionare gli dèi affinché questi ultimi potessero dedicarsi a solo alle mansioni divine. Ma inizialmente gli uomini oltre a non essere in grado di coltivare la terra (agricoltura) e di badare al bestiame (allevamento), non avevano di che coprirsi, mangiavano l’erba e bevevano nelle pozze, come riporta il testo sumero Prologo della tenzone Cereale contro Bestiame minuto, 1-11 e 16-17; traduzione Kramer, p. 544 dell’inizio del II millennio a.C. Della stessa epoca il testo L'invenzione della Zappa, 7-9; traduzione Kramer, p. 541, riporta che il re degli dèi, Enlil, inventa la zappa e la dona agli uomini.
Si pensava che lo spirito degli esseri umani scendesse nell’oltretomba al momento della morte per vivere in maniera più infelice che sulla Terra. Vi erano anche i demoni.

I sumeri immaginavano che l'universo fosse una sfera. All'esterno dell'universo vi era il Mare primordiale (Nammu), infinito, increato ed eterno, che diede origine alla Montagna cosmica. Questa era formata dal Cielo (personificato dal dio An) e dalla Terra (personificata dalla dea Ki, chiamata anche Nantu, Ninhursag, Ninmah, Nintu, cioè colei che partorisce, e che era la madre di tutti gli esseri viventi).
An e Ki generarono il dio dell'Aria Enlil.
La Terra era piatta e circondata dall’oceano terrestre, governato da Abzu dea delle acque dolci (mentre Tiamat era la dea delle acque salate) il cui dio era Enki, fratello di Enlil e creatore dell’acqua.
An, Ki, Enlil ed Enki erano dunque le quattro divinità principali o divinità della creazione.
Sotto la terra c’era un'altra semisfera, non visibile, con gli inferi (Kur) dove governava Ereshkigal, sorella di Inanna e dea del mondo sotterraneo.
Dall'incesto di Enki e Ki nacquero esseri viventi (uomini, animali e piante) e dèi.
I sumeri immaginavano un'assemblea di dèi detti Anunnaki (ovvero i figli di An) presieduta da un re (il principale dio Creatore), posta oltre la Montagna Cosmica, nel luogo dove spunta il sole.
L'assemblea era composta da sette supremi (i quattro dei creatori An, Enlil, Enki e Ki/Ninhursag oltre a Inanna dea del cielo, dell’amore, della procreazione e della guerra, Utu dio del sole (probabilmente la prima forma di antropomorfizzazione solare), equivalente al babilonese Shamash, e Nanna o Sin dio della luna e padre di Inanna e Utu) il cui compito era decidere i destini di uomini e dèi, e da 50 dèi minori.
Inanna, Utu e Nanna erano dunque le tre divinità celesti subordinate alle divinità della creazione.
Tra le tante altre divinità un ruolo importante lo assunse Dumuzi, dio della vegetazione e della fertilità (equivalente al Tammuz babilonese e al greco Adone), paredro di Inanna, il cui sposalizio con la dea assicurava la fertilità della terra e la fecondità del ventre materno. Offesa dal suo comportamento, Inanna lo relegò nell’oltretomba per sei mesi l’anno (da cui l’aridità estiva). All’inizio del nuovo anno sumero, l’equinozio autunnale, Dumuzi ritornava sulla Terra per ricongiungersi con Inanna e far riprendere forza alla vita animale e vegetale. Ogni anno i sumeri festeggiavano lo sposalizio delle due divinità con un rituale.
La morte e risurrezione di Dumuzi, comune a tutti i miti nel corso del tempo e dei luoghi, rappresentava quindi il periodico rigenerarsi della vita a primavera e corrispondeva al cambio delle stagioni, dato che l'abbondanza delle messi diminuiva in sua assenza. Il nome Tammuz si è mantenuto fino ad oggi e indica un mese del calendario ebraico (giugno/luglio).
I sumeri introdussero anche la nozione di me: circa cento forze impersonali che, insieme agli dèi, garantivano l'ordine dell'universo. Alcuni di essi sono:
Sovranità, Divinità, Corona sublime e permanente, Trono reale, Scettro sublime, Insegne reali, Sublime santuario, Dignità di pastore, Regalità, Signoria durevole, Dignità sacerdotali, Verità, Discesa, Inferi, Risalita dagli inferi, Vessillo delle battaglie, Diluvio, Rapporti sessuali, Prostituzione, Arte, Sala del culto, Ierodulo del cielo, Musica, Funzione di anziano, Qualità di eroe, Potere, Ostilità, Rettitudine, Distruzione delle città, Lamentazione, Gioie del cuore, Menzogna, Bontà, Giustizia, Arte di lavorare il legno e i metalli, Funzione di scriba, Mestiere di fabbro, Conciapelli, Muratore e panieraio, Saggezza, Attenzione, Purificazione sacra, Rispetto, Terrore sacro, Disaccordo, Pace, Fatica, Vittoria, Consiglio, Cuore turbato, Giudizio, Sentenza del giudice, Strumenti musicali (Lilis, Ub, Mesi, Ala).
Vivere in armonia con i me significa operare correttamente, essere nel bene, svolgere il proprio destino e quindi risultare distanti dal male e dal disordine. Per evitare il disordine e la sofferenza, l'uomo deve implorare il favore divino.
Il mondo degli uomini è dunque governato dagli dèi, conformemente ai me, e hanno il compito di servire gli dèi; quando gli uomini, collettivamente o individualmente, si ribellano al loro destino gli dèi li puniscono con il Diluvio universale (mito di Atrahasis) o distruzioni (Lamentazione in lingua sumerica sulla distruzione di Ur).
Il perdono degli dèi dipendeva dalla confessione pubblica. Seguivano le lamentazioni per placare la collera divina, come nella Preghiera penitenziale a Marduk.
Origine del cosmo e creazione dell'uomo
«quando il cielo fu separato dalla terra;
quando la terra fu separata dal cielo;»
(Gilgamesh, Enkidu e gli Inferi. Traduzione di Giovanni Pettinato, in La Saga di Gilgamesh, p. 362)
Separazione attribuita a un atto del dio Enlil:
«In verità è il Signore (Enlil) che ha fatto apparire tutto ciò che vi è di perfetto!
Il Signore che fissa per sempre tutti i destini,
Prima di fare crescere dal suolo le primizie del paese, Ebbe cura di separare il Cielo dalla Terra
E di separare la Terra dal Cielo!
Per far nascere nella "Fabbrica-carne" il Capostipite (della progenie degli uomini)»
(Il poema della zappa, 1-6. Traduzione di S. N. Kramer, p. 541)
Questi testi sumerici, databili a partire dal XX secolo a.C., anticipano di circa quindici secoli la Genesi (1:1) biblica che recita:
«In principio Dio separò il cielo e la terra»
Origine degli dèi
Secondo la teologia di Nippur, città governata da Enlil, in un luogo detto uru-ul-la (città antica, interpretabile come cosmo embrionale), esisteva un insieme di coppie di divinità dette en (signore) e nin (signora), da cui furono generati il dio An e la dea Ki. Da quest’ultimi nacque Enlil, mentre da An e Nammu nacque Enki.
Secondo la teologia di Eridu, città governata da Enki, pervenutaci da un testo semitico più tardo, l'Enûma Eliš (Tavola I, vv. 1-9), si teorizza che dall'incontro tra Tiamat e Abzu, insieme a un certo mum (accadico: mummu) nacquero gli dèi e i mondi.
Nascita del mondo
Quando gli dèi del cielo e della terra non esistevano ancora:
«An, il signore, illuminava il cielo, mentre la Terra (Ki) era al buio e nel Kur lo sguardo non penetrava;
dall'abisso non si attingeva acqua, nulla si produceva, nella vasta terra non venivano scavati solchi;
L'eccelso purificatore di Enlil non esisteva ancora, i riti di purificazione non venivano eseguiti;
la ierodula del cielo non era ancora ornata, non si proclamavano le sue [lodi (?)];
Cielo e Terra non erano legati l'uno all'altra formulando un tutt'uno, non si erano ancora sposati;
la Luna non splendeva ancora, l'oscurità si estendeva dappertutto;
An manifestava il suo splendore nell'abitazione celeste,
il luogo dove egli abitava, non presenta tracce di vegetazione,
i poteri (me) di Enlil non erano stati distribuiti nei paesi
la santa signora dell'Eanna non riceveva ancora le offerte;
i grandi Dei, gli Anunna, non circolavano sulla terra (?)
gli dèi del cielo, gli dèi della terra non esistevano ancora.»
(Gli dèi del cielo, gli dèi della terra non esistevano ancora, datazione: Ur III; da Nippur. Traduzione: Römer)
Si procede alla separazione tra il Cielo e la Terra:
«In quei giorni, quei giorni arcaici-
In quelle notti, quelle notti remote-
In quegli anni, quegli anni antichi[da 4 a 7 sono omissis
Quando il Cielo fu separato dalla Terra
E la Terra fu separata dal Cielo [10 omissis]
An aveva portato con sé il Cielo
E Enlil aveva portato con sé la Terra,
E concessi gli inferi a Ereškigal»
(Gilgamesh, Enkidu e gli Inferi, 1-13 Traduzione: Shaffer in Bottero/Kramer p. 509, completa in Pettinato Gil p. 362)
Da tale separazione nasce il loro matrimonio e quindi la natura:
«L'immensa piattaforma della Terra scintillava:
Verdeggiante era la sua superficie!
Terra spaziosa era rivestita d'argento e lapislazzuli,
Ornata di diorite, calcedonio, cornalina, antimonio,
Agghindata splendidamente di vegetazione e erbaggi:
Aveva qualcosa di regale!
È che la nobile Terra, la santa Terra,
Si era fatta bella per Cielo, il prestigioso!
E Cielo, il dio sublime, affondò il suo pene
nella Terra spaziosa;
Versò insieme nella sua vagina,
Il seme dei valorosi Albero e Canna.
E, tutta quanta, come una vacca irreprensibile,
Si ritrovò gravida del ricco seme di Cielo!»
(Prologo della Disputa tra albero e canna, 1-13 Traduzione: Kramer in Bottero/Kramer)
«Signore del cielo e della terra,
non avevi fatto esistere la terra: l'hai creata,
non avevi fatto esistere la luce solare: l'hai creata,
non hai fatto esistere (più) il caos!
Signore: parola efficace,
Signore: prosperità,
Signore: eroicità,
Signore: ...,
Signore: sempre all'opera,
Signore: divinità,
Signore: salvifico,
Signore: dolce vita!»
(Signore del cielo e della terra, 1-15 datazione: 2500 a.C. Traduzione: Pettinato)
Origine dell'uomo e suo destino
Per la tradizione di Nippur, l'uomo nasce come una pianta, seminata dal dio Enlil:
«Affinché Uzumua faccia germogliare i primi uomini,
Enlil apre una fessura nel pavimento di Duranki
[omissis]
Depone il seme dell'umanità nella fessura
e mentre i suoi uomini, davanti a lui, germogliano come erba dalla terra,
Enlil li guarda benevolmente, i suoi sumeri»
(Il poema della zappa. Traduzione di Giovanni Pettinato, p. 321)
Ma è come una bestia e quindi viene dotato dello spirito vitale (ragione, intelligenza), di origine divina:
«L'umanità primordiale
non sapeva mangiare il pane,
non sapeva coprirsi con i vestiti,
il popolo andava a quattro zampe,
mangiava erba con la bocca come le pecore,
beveva acqua dai fossi.
[omissis]
nel puro ovile, allora, essi per il proprio bene
soffiarono nell'umanità lo spirito vitale»
(Tenzone tra pecora e grano. Traduzione di Giovanni Pettinato, p. 321 Inizio II millennio a.C.)
Per la teologia di Eridu, così come per la tradizione biblica più tarda, l’uomo nasce dall'argilla con il dio Enki. Il testo Enki e Nimah riferisce che dopo la creazione dell'universo, le dee madri iniziarono a partorire. Per nutrirle, gli dèi dovettero lavorare, gli dèi maggiori sovrintendevano, quelli minori lavoravano materialmente. Si giunse a una situazione nella quale gli dèi iniziarono a lamentarsi di Enki, loro Creatore. Sua madre Nammu, invita allora Enki a creare qualcuno che potesse lavorare al posto degli dèi:
«Alle parole di sua madre Nammu, Enki si alzò dal suo letto;
il dio cominciò ad andare avanti e indietro nella sua santa cella, riflettendo si batté la coscia;
il Saggio, l’intelligente, l’accorto che conosce per virtù propria tutto ciò che è ritualmente perfetto, il Creatore, colui che forma ogni cosa, fece uscire l’embrione;
Enki modella per lui le braccia e forma il petto;
Enki, il Creatore, fa entrare all'interno della sua creatura la sua saggezza;
egli quindi parla a sua madre Nammu:
"Madre mia, alle creature che tu farai esistere assegna come compito la corvée degli dèi;
dopo che tu avrai mescolato l’argilla sopra l’Apsû,
plasmerai l’embrione e l’argilla, facendo sì che la creatura esista,
e Ninmah sia la tua aiutante;
Ninimma, Egizianna, Ninmada, Ninbara,
Ninmug, Sarsardu, Ninniginna,
che tu hai partorito possano essere a tuo servizio;
Madre mia, decidi il destino della creatura; Ninmah le assegni come compito la corvée.»
(Enki e Nimah. Traduzione di Giovanni Pettinato. Inizio II millennio)
Una terza tradizione proveniente da un testo bilingue (sumerico e accadico) che, non conoscendo il dio Marduk, è probabilmente anteriore alle riforme religiose babilonesi, richiede il versamento di sangue da parte di alcuni dèi. Il testo a un certo punto riporta infatti che gli dèi Anunna vogliono uccidere due divinità affinché il loro sangue faccia germogliare l'umanità che possa sostituire gli dèi nel lavoro.
Aldilà
«Ecco che questa tua sorella Istar sta nella porta,
colei che celebra grandi feste gioiose e sommuove l'oceano davanti ad Ea".
Ereškigal quando udì questo,
come un tamarisco reciso divenne pallida la sua faccia,
come canna kuninu tagliata divennero nere le sue labbra.
Che cosa ha indotto il suo cuore (a venire da me)? Che cosa ha diretto il suo animo contro di me?
Questa, (che cosa vuole)?
Io voglio (continuare a) bere acqua cogli Anunnaki,
quale cibo mangiare fango, quale bevanda inebriante bere acqua sporca,
piangere sopra gli uomini che hanno abbandonato le loro mogli,
piangere sopra le donne che dal seno dei loro mariti sono state strappate,
sopra il bambino debole piangere che è stato falciato prima dei suoi giorni.»
(Discesa di Istar agli inferi versione neoassira di Ninive, tradotta da Giuseppe Furlani; in Miti babilonesi e assiri, Firenze, Sansoni, 1958, p. 300)
Gli Inferi sono il luogo sotterraneo dove risiedono i morti. Qui essi vivono in maniera sostanzialmente penosa, ma non perché si siano commessi dei peccati, credenza sconosciuta ai sumeri, bensì da come si è morti, dalle offerte ricevute dai vivi o da quanti figli si è stati capaci di generare in vita (più figli garantivano una permanenza migliore).
«Allora essi si abbracciarono e baciarono l'un l'altro,
essi conversarono sospirando:
“Hai visto gli ordinamenti degli Inferi? —Io non te li dirò, amico mio, non te li dirò!
Se io infatti, ti dicessi gli ordinamenti degli Inferi,
allora tu ti sederesti e piangeresti. —Io voglio sedermi e piangere.
—Il mio corpo, al cui contatto il tuo cuore gioiva,
[...]”: disse:
“(il mio corpo) è mangiato dai vermi, come [un vecchio vestito].
[il mio corpo] è come una crepa della terra, pieno di polvere.
—Ahimè!”: il signore gridò, e si buttò nella polvere.»
(Gilgamesh, Enkidu e gli Inferi versione di Nippur in sumerico. Traduzione di Giovanni Pettinato, in La Saga di Gilgamesh, p. 376).
Quindi gli Inferi sono oscuri, polverosi, luogo dove si aggirano assetati gli spiriti, le ombre dei morti. Negli Inferi regna la dea Ereškigal, accompagnata dal marito Nergal, la quale si limita a indicare il nome del morto, senza emettere giudizi.
I bambini morti prima dei loro giorni hanno una condizione particolare:
«Hai visto i miei bambini che non hanno visto la luce del sole, li hai visti?. —Sì li ho visti. —Come stanno?
—Essi giocano a una tavola d'oro e d'argento piena di dolci e miele.»
(Gilgamesh, Enkidu e gli Inferi versione di Nippur. Traduzione di Giovanni Pettinato, in La Saga di Gilgamesh, p. 380).
Molti riconoscono nella mitologia dei sumeri e nei racconti ritrovati su alcune tavolette, delle somiglianze con religioni successive, in particolare con i racconti presenti nella Bibbia.
Gli Accadi, la cui presenza in Mesopotamia è attestata almeno dal 2600-2500 a.C., è un antico popolo di origine semita stabilitosi a nord dei sumeri che ebbero in Akkad, la capitale imperiale e in Sargon il fondatore del loro impero.
Gli Accadi trasferiscono nel pantheon sumero alcuni loro dèi. Divinità della città di Akkad era Istar (l’Inanna sumera), dea della guerra e dell'amore fisico.
La regalità accadica differisce da quella sumera. Il re fonda infatti il proprio diritto e potere sulla forza, piuttosto che giustificarli tramite scontri tra le divinità delle diverse città, come fanno i re sumeri. Naram-Sin, come già accennato, fu il primo sovrano accadico a indicarsi come divinità, aggiungendo al proprio nome il determinativo divino dingir.
Mesopotamia: babilonesi e assiri
La civiltà babilonese seguì quella sumera e si sviluppò dal XIX al VI secolo a.C. A capo della struttura politica vi era il re che esercitava potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Ebbe oltre una dozzina di città tra cui Babilonia, città stato amorrea fondata nel XIX secolo a.C. sull'Eufrate. Gli Amorrei furono un popolo di lingua semitica che un secolo prima, provenendo da Occidente, provocò, insieme ai Gutei provenienti da Oriente, la caduta delle città sumere. Durante il periodo finale del regno di Hammurabi, con Babilonia divenuta la più importante potenza regionale, il sovrano babilonese riuscì a unificare il regno di Sumer e di Akkad.
Gli Amorrei adoravano divinità astrali più che collegati alla terra e alla fertilità come i sumeri. Due tra gli dèi preferiti erano Istar (nella sua veste di Stella del mattino, Venere) e Shamash (o Samas, dio Sole), ma continuarono il culto anche alle proprie divinità poliadi (ovvero protettrici di una città) e, per Babilonia, al dio Marduk (come figlio del dio Ea, l'Enki sumero).
Differentemente dal re accadico Naram-Sin e dalla tradizione seguita per i cinque secoli successivi, Hammurabi rifiutò la propria divinizzazione e si rappresentò come pastore del suo popolo.
Nel XVIII secolo a.C., i racconti sumerici sul re divino di Uruk Gilgamesh, vennero raccolti dai Babilonesi nell’Epopea di Gilgamesh. In quest’opera egli, due terzi dio e un terzo uomo, condivide con l'amico Enkidu varie avventure mitologiche finché, per punizione divina, Enkidu muore. L’accaduto e la consapevolezza della morte, portano Gilgamesh a rifiutare la propria dignità regale e a peregrinare alla ricerca di una risposta alla propria angoscia e per raggiungere l'immortalità che gli dèi avevano dato a Utanapistim (anche Atrahasis, lo Ziusudra sumerico, il Noè biblico), l'unico uomo sopravvissuto al Diluvio Universale. Gilgamesh incontra Utanapistim e quest’ultimo, dopo che il re di Uruk ha mancato le prove per ottenere l'immortalità, gli dona la pianta della giovinezza, ma Gilgamesh non la mangia e preferisce riservarla agli anziani della propria città per farli ringiovanire. Gli dèi avevano però destinato la pianta solo a lui che la perde, rubata da un serpente:
L’assiriologo Giovanni Pettinato nel suo Mitologia assiro-babilonese, p. 37, afferma che nel mondo babilonese si evidenzia che l'egoismo è bandito e dove ognuno, a cominciare dai sovrani, pensa al benessere di tutti. Gilgamesh avrebbe potuto mangiare l'erba, ma non l'ha fatto: nel momento più bello della sua vita, quando crede di aver risolto tutti i problemi, egli non pensa a se stesso, ma a tutto il suo popolo. Del resto anche il mondo divino è sempre attento ai bisogni dell'uomo, partecipa delle sue ansie, allevia il suo pesante destino: è questa la grande differenza tra il mondo mesopotamico.
Allo stesso tempo gli uomini riflettono sul loro rapporto con gli dèi e ne invocano la misericordia:
«Il Signore mi afferrò
Il Signore mi rimise in piedi;
il Signore mi ha fatto rivivere.
Mi ha tratto [dal pozzo]
mi ha chiamato fuori dalla distruzione.»
(Ludlul bēl nēmeqi, Tavola IV, vv.2-6; traduzione di Giorgio R. Castellino)
Marduk ha ascoltato i lamenti e le preghiere dell'orante:
«Chi se non Marduk, può restituire il suo morto alla vita?
(Solo) Marduk può far sorgere dal sepolcro
solo Ṣarpānītum sa salvare dalla distruzione.»
(Ludlul bēl nēmeqi, Tavola IV, vv. 33-35; traduzione di Giorgio R. Castellino)
Con Nabucodonosor I (1125-1104 a.C.) e il poema Enûma Eliš, il dio di Babilonia, Marduk, divenne sia re di tutti gli dèi mesopotamici, che salvatore del cosmo.
La cultura babilonese influenzò quelle dei paesi confinanti, come il regno assiro la cui religione era pressocché identica a quella babilonese e in cui la divinità nazionale Assur, sostituiva il dio babilonese Marduk). Il popolo semitico degli assiri si stabilirono nella regione attorno al III millennio a.C. e la loro storia termina attorno al 610 a.C., sconfitti da Medi e Babilonesi, assimilarono le peculiarità della religione babilonese tanto che ci si riferisce alla religione assiro-babilonese. Alcune tra le più importanti città assire, situate nell'attuale Iraq, furono Assur (odierna Sharqat) e Ninive (presso Mosul).
Religione
Mutuò quasi interamente dai sumeri cosmogonia, cosmologia, dèi, demoni, culti e sacerdozi adattandoli alla loro cultura. Quando Babilonia divenne il maggiore centro religioso e culturale della regione e il dio Marduk assurse al vertice del pantheon babilonese, i sacerdoti giustificarono la posizione acquisita con il fatto che gli dèi sumerici An ed Enlil avessero trasferito il loro potere a Marduk. Secondo il poema babilonese Enûma Elišh, Marduk acquisì il predominio nel pantheon e sull’universo per aver sconfitto la dea del caos Tiamat, plasmato cielo, Terra e corso di pianeti e stelle e per aver, alla fine, creato l’essere umano.
Il pantheon babilonese era formato da divinità con sembianze umane, invisibili, immortali e con poteri soprannaturali, ciascuno dei quali governava una porzione dell’universo. Oltre a queste divinità (tra cui voglio ricordare il dio sole Shamash e Istar, dea sia dell’amore che della guerra) c’erano anche demoni e simili.
Le divinità principali dimoravano e venivano onorate in uno o più templi, a seconda della grandezza della città, come protettrici di quest’ultima (nelle grandi città una ziqqurataffiancava i templi).
Ogni divinità si cibava grazie ai sacrifici animali o con l’offerta di prodotti della terra, insieme ad acqua, vino, birra. Molto importanti erano i riti dell’anno nuovo all’equinozio di primavera che raggiungere l'apice con il matrimonio sacro tra il re e una sacerdotessa, che impersonavano rispettivamente Marduk, e la sua sposa.
Dato che tutti erano peccatori ognuno doveva accogliere i mali come giusto castigo. Dopo la morte lo spirito discendeva in un luogo buio e sotterraneo dove la vita non era altro che un pallido riflesso di quella precedente e, a differenza di altre religioni odierne, priva di ricompensa per i giusti.
Egitto
Durante la Preistoria la fertilità valle del Nilo incoraggiò lo stanziamento umano nella già a partire dal Paleolitico.
Tra il V al III millennio a.C. il Basso Egitto (delta del Nilo) permetteva scorte che sostenevano il commercio, anche marittimo, con i popoli vicini; la minore fertilità dell’Alto Egitto (cioè il sud del paese) obbligava invece a razziare le zone limitrofe.
La parte finale della preistoria egiziana fu l’età predinastica, essa venne completata con l’unificazione dell’Egitto sotto il re Menes, anche se presumibilmente sotto tale nome si identificano uno o più sovrani, tra i quali il famoso Narmer.
La Storia si snoda in un periodo arcaico (3100-2778 circa a.C.), seguiti da: Antico Regno (2778-2220 circa a.C.), primo periodo intermedio (2220-2065 a.C.), Medio Regno (2061-1785 a.C.), secondo periodo intermedio (1785-1580 a.C.), Nuovo Regno (1580-1085 circa a.C.), Bassa Epoca (1085-332 a.C.), Egitto tolemaico (332 a.C. - 30 a.C.), Dominazione romana e Islamizzazione (30 a.C. – 642).
Periodo arcaico
Il faraone era adorato come divinità e veniva considerato figlio del dio sole Ra.
Pare che l'anello del simbolo Ankh, meglio conosciuto come croce ansata o chiave della vita, che simboleggia la vita terrena ed eterna, venisse rapportato a Iside, dea della maternità e fertilità, e l'asta inferiore a Osiride, dio della forza generatrice maschile nonché signore dei morti. Dal I secolo la croce ansata venne adottata come croce dai cristiani copti.
Un altro simbolo egizio molto noto è l’occhio di Horus, simbolo di prosperità, potere regale e salute.
Antico regno
Nelle quattro dinastie che si succedettero, i faraoni si liberarono dalla dipendenza del clero di Eliopoli (centro del culto del dio Sole) assegnando al sacerdote più importante la qualifica di visir (primo collaboratore del faraone).
Zoser, che regnò tra il 2737 al 2717 a.C., si fece innalzare a Saqqara la prima tomba a piramide dall’architetto Imhotep, conosciuta come piramide a gradoni. Lo sviluppo religioso fece sì che si perfezionasse la mummificazione infatti, affinché il defunto potesse vivere nell'aldilà, era necessario che il corpo restasse integro. Tale mummificazione simboleggiava il rito eseguito da Anubi sul cadavere di Osiride allo scopo di renderlo immortale.
Snofru, a sud di Saqqara, si fece invece erigere la prima piramide a facce lisce, mentre Cheope, Chefren e Micerino la vollero a Giza, dove fu anche eretta la Sfinge, una statua di leone con volto umano. Molto nota e ben conservata è la Barca di Cheope: una barca sacra che trasportava in cielo l'anima del faraone affinché si ricongiungesse con il dio Sole.
Primo periodo intermedio
Niente di religiosamente rilevante
Medio regno
Divenne preminente il culto di Ammone, in origine dio tebano delle forze riproduttive, raffigurato come ariete, successivamente fu fatto coincidere con la divinità solare Ra di Eliopoli, diventando Amon-Ra (padre degli dèi, creatore degli uomini e degli animali, signore di tutte le cose). Ammone, venerato nella colonia greca di Cirene, divenne Zeus e a Roma Giove.
Secondo periodo intermedio
La popolazione semitica degli hyksos, proveniente dall’Asia occidentale, dominò la parte iniziale di questo periodo, durato circa due secoli. Sconfitti dal faraone Amosi I si rifugiarono nella Bassa Palestina.
Nuovo regno
Il dio Ammone divenne il più importante di tutto l’Egitto.
Amenofi I (1551-1524 a.C.) si fece seppellire in una tomba a camera scavata in quella che divenne la Valle dei Re situata sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a Luxor-Tebe; pratica adottata anche dai successori, cosicché le piramidi vennero abbandonate.
Il culto di Ammone (o Amon) venne abolito da Amenofi IV (1372-1354 ca. a.C.), il quale diede origine al primo culto monoteistico (o per alcuni enoteistico) della storia, quello di Aton (o atoniano), dio del Sole e si cambiò altresì il nome in Akhenaton. La capitale passò da Tebe ad Akhetaton (l’odierna Tell el-Amarna, 300 km a nord di Tebe, lungo il Nilo).
Diversamente dalla precedente religione che immaginava il pantheon formato da molteplici divinità venerate in spazi bui, la religione di Aton privilegiò ambienti aperti. Sotto l’aspetto politico, nel trentennio in cui essa si dipanò, si allontanò decisamente dal dominio incontrastato del clero di Amon.
Il culto di Aton riconosceva maggiore uguaglianza fra gli uomini e si fondava su testi religiosi meno indecifrabili. Ma quando ad Akhenaton succedette il figlio Tutankhamon, Tebe tornò capitale, il culto di Aton fu soppresso e venne restaurato quello di Ammone.
Forse sotto Merneptah (che regnò dal 1233 al 1223 ca. a.C.) avvenne il presunto esodo degli ebrei dalla terra d’Egitto, mentre Mosè, ammesso che sia un personaggio storico, può darsi visse alla corte di Ramesse II (che regnò dal 1279 a.C. al 1213 a.C.).
Bassa epoca
Attorno al 930 a.C. il faraone Sheshonq invase la Palestina saccheggiando Gerusalemme.
Egitto tolemaico
Alessandro Magno accolto dai sacerdoti del santuario del dio Ammone, a circa 48 chilometri a est dell’oasi di Siwa, ad Al-Salam, lo riconobbero come figlio del dio.
Dominazione romana e islamizzazione
Nel 31 a.C. ad Azio si consumò la sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra, per mano del futuro imperatore Ottaviano Augusto, che portò l’Egitto a divenire parte dell’Impero Romano. Cleopatra fu l'ultima sovrana d’Egitto della dinastia tolemaica, cominciata con Tolomeo I (amico e guardia del corpo di Alessandro Magno), e anche l'ultima di tutta l'età ellenistica, la cui fine si fa coincidere con la sua morte avvenuta nel 30 a.C. L’Egitto fu anche un luogo importante per le nascenti comunità cristiane; nel V secolo la Chiesa copta lì presente, seguì il monofisismo e si divise da quella romana. Nel 642 l’Egitto subì la conquista araba, e cominciò a seguire la religione islamica.
Religione
Una particolarità della religione egizia è la preminenza di culti locali nel periodo arcaico e predinastico a causa della lontananza dei gruppi umani. Anche in seguito, quando le divinità vennero raggruppate, come le Enneadi (nove dèi), Ogdoade (otto dèi) e le triadi, i miti a esse legate furono in relazione con i centri sacerdotali delle città e perciò anche con versioni differenti.
La zoolatria (adorazione degli animali), che ha origine preistorica in ambiente pastorale, era molto importante; questo è anche il motivo per il quale la vacca, il cui latte era necessario alla vita umana, fu vista come madre del genere umano, mentre toro e ariete assunsero il ruolo di forza virile. Le divinità erano rappresentate in forma umana, con aspetto animale o con corpo umano e testa animale, così nel pantheon si trovano spesso divinità con tratti zoomorfi come ad esempio: Anubi (sciacallo), Bastet (gatto), Hathor (vacca/mucca). In epoca dinastica pur registrandosi una svolta antropomorfa, gli dèi assunsero infatti aspetto umano con testa animale, le fiere restarono sovente elementi di culto in quanto rappresentazione delle divinità.
Gli dèi rappresentavano le forze che consentono la vita.
La religione era legata al concetto di ciclicità, come ad esempio il ciclo diurno e notturno con il sole che rinasce tutti i giorni trasportato dalla barca solare (divenuto successivamente, a Eliopoli, simbolo di rinascita dalla morte a nuova vita) oppure il ciclo annuale d'inondazione del Nilo che permetteva di conoscere il momento propizio per coltivare la terra.
Il mito della creazione dell'universo e del pantheon venne concepito nei grandi centri sacerdotali si pensi ad esempio a Eliopoli, Ermopoli, Menfi o Tebe, ma ognuno di questi importanti agglomerati vennero concepite mitologie differenti.
Attorno al 2500 a.C. (V dinastia) Ra, Dio del Sole autogenerato da Nun, divenne una delle divinità principali tanto che i faraoni si fecero venerare come suoi figli. Il culto del Sole ebbe nel tempo molti cambiamenti sia di forma che di nome (tra i più conosciuti Amon, dio solare di Tebe e Aton, centrale nell'atonismo del faraone Akhenaton). Ra venne raffigurato in molti modi, ad esempio come disco solare che attraversa il cielo mattutino nella sua barca solare. Creatore dell'universo, dimorava in cielo durante il giorno, e negli inferi durante la notte, dove doveva avere la meglio sul serpente Apopi per rinascere ogni giorno. Nel Medio regno il suo culto divenne religione di stato e Ra venne progressivamente assimilato ad Amon (Ammone) fino a divenire Amon-Ra. Attorno al 1350 a.C. il dio Sole venne chiamato Aton dal faraone Amenofi III; suo figlio Amenofi IV, dichiarò Aton unico dio, cambiò il proprio nome in Akhenaton, eliminò il plurale dèi dai monumenti e perseguitò i sacerdoti di Ammone, ma fu un fuoco di paglia, alla sua morte si tornò infatti al politeismo.
Ra generò quattro figli: Geb e Nut (divinità rispettivamente di cielo, principio femminile e terra, principio maschile, che procrearono Seth e Osiride), Iside e Nefti, dea dell'oltretomba e della morte. Osiride spogliò Ra del comando sul cosmo, ma venne ucciso da Seth. Iside, sua sposa e sorella, assistita dal dio dell’oltretomba e giudice dei morti Anubi, lo riportò in vita; Osiride divenne re dei morti e Horus, figlio di Osiride e Iside, sconfiggendo Seth, diventò re della Terra.
Il culto di Iside, come dea della maternità e della fertilità, figura molto importante anche prima e al di fuori del mondo egiziano, perdurò fino al VI secolo.
Nel culto egizio la statua della divinità era posta nel sancta sanctorum ed era purificata, vestita e nutrita giornalmente. Portata in processione nelle feste annuali, le erano rivolte anche offerte.
Per gli egiziani, infatti, la morte non rappresentava la fine umana perché pensavano a una continuazione della vita nell'oltretomba, in una sorta di immortalità. Ritenevano che la forza vitale, potremmo dire l’anima, fosse un insieme di elementi tra cui il ka. Questa forza vitale, pur sopravvivendo al corpo dopo la morte, non può esistere senza esso, dunque, per preservare il corpo il cadavere veniva mummificato (nel Medio regno il faraone non fu più l’unico a possedere la facoltà di continuare a vivere dopo la morte e la possibilità di essere mummificato fu allargata ad altri).
Il concetto di aldilà si trasformò nel tempo. In età arcaica il mondo delle anime era il cielo stellato, dove il dio solare transitava sulla propria barca. Attorno alla dodicesima dinastia il regno dei defunti venne ubicato sottoterra e governato da Osiride (precedentemente Anubi, già signore degli inferi, con la crescita del culto di Osiride, ne diventò il guardiano). Il transito nel regno di Osiride era anticipato dal giudizio dell'anima (psicostasia): il cuore del morto veniva pesato; se risultava leggero quanto la piuma di Maat (dea della giustizia, della saggezza e della verità), Anubi lasciava il defunto a Osiride, altrimenti il suo cuore veniva mangiato dal coccodrillo Ammit.
Dopo l’abbandono della tomba, si pensava che le anime corressero molti pericoli, per tale motivo nei sepolcri vi era il Libro dei Morti, un insieme di testi funerari, non facenti parte di un periodo unico ma appartenenti a età diverse, che accompagnavano il ka nella regione dei morti consentendo all’anima di allontanare i demoni che la intralciavano e di affrontare con successo le prove dei 42 demoni del tribunale di Osiride. Se essi decretavano che il morto era un peccatore, il ka era sanzionato con la fame e la sete oppure era fatto a pezzi, altrimenti il ka si trasferiva nel gioioso regno celeste dei campi di Yaru. A tal fine gli oggetti utili all’esistenza nell’aldilà venivano depositati nella tomba.
Cina
Varie e nel loro insieme prevalenti, sono le espressioni nelle quali la spiritualità cinese si regola oltre alle due grandi dottrine del Taoismo e Confucianesimo.
La mitologia cinese è frammentaria e filtrata dagli studiosi che, successivamente al Confucianesimo, trasmisero la conoscenza modificando molte mitologie affinché ne supportassero le dottrine. Tanti miti sono ascrivibili ad un periodo tra il III e il II millennio a.C. e, come accadde alla Bibbia, dopo una lunga fase di propagazione verbale, vennero fissati nel Libro delle Odi, solo tra il XII e il VII secolo a.C.; altri testi importanti, ma databili attorno al V secolo a.C. sono le Questioni celesti e il Libro delle montagne e dei mari. Ulteriori tradizioni mitologiche sono presenti nei testi filosofici taoisti dello Zhuang zi e dello Lie zi poiché tra il II secolo a.C. e il V secolo, avvenne un nuovo adattamento della mitologia passata all’idea taoista.
A cavallo degli anni 200 a.C. e d.C. (epoca Han) l'importazione del Buddismo indiano inglobò ulteriori miti di quella nazione. Buddismo e Taoismo davano all'essere umano la facoltà di superare le limitazioni terrene e compiere azioni miracolose: i taoisti avevano gli xian, i buddhisti gli arhat e i bodhisattva.
Molti miti hanno versioni diverse e alcuni personaggi appaiono con nomi differenti, ecco un paio di leggende. Da un insieme irregolare di materia, si generò un elemento leggero che ascese al cielo diventando il principio Yang e uno greve che modellò la Terra, divenendo il principio Yin. Dalla loro interazione nacquero gli elementi e le creature. In un differente adattamento cielo e Terra crebbero in un uovo, dove vi era anche Pangu (il primo essere vivente e creatore di tutto) che, rompendo il guscio, causò la separazione di cielo e Terra e insieme al cielo salì verso l’alto; diciotto millenni dopo Pangu perì e il suo corpo diede vita all'universo. La dea Nügua o Nüwa, metà umana e metà serpente, forgiò gli esseri viventi nell'argilla, prima con le mani e successivamente attraverso degli utensili, differenziando così i nobili dalle persone comuni.
La mitologia annovera alcuni animali sacri come drago (il più importante), unicorno, fenice, tartaruga e prevede varie nascite miracolose o verginali, per indicare la particolare natura del neonato.
Religione popolare cinese
Attualmente per il governo cinese i culti di dèi e antenati sono definiti come credenza nativa e vengono differenziati dalle religioni che sono classificate come dottrine.I regnanti che nel tempo scelsero Confucianesimo, Taoismo e anche Buddismo come dottrine di stato, rispettarono i culti di dèi e antenati esercitati dalla maggioranza delle persone.
Taoismo e Confucianesimo, che di fatto sono delle filosofie condite da riti e da speculazioni sulle origini del cosmo, e che raffigurano delle importanti formalizzazioni dottrinali e istituzionali, non esauriscono però il patrimonio spirituale cinese.
Da sempre nella religione cinese si venerava un pantheon con a capo Shang Di (divinità suprema della dinastia Shang, XVII-XI secolo a.C., che appariva anche nei testi delle dinastie successive: Zhou, Qin e Han) che coesisteva con il culto degli antenati; quest’ultimo si esplicava con l'offerta di alimenti e con i riti sacrificali per nutrire le anime degli antenati delle casate regnanti Shang e Zhou, pratica imprescindibile per la sopravvivenza della dinastia.
Durante la successiva dinastia Zhou, Tian (l'aspetto celeste del cosmo, spesso tradotto come "Cielo") divenne sinonimo di Shang Di e i regnanti sacrificavano sia agli antenati che a Tian Signore del Cielo, ciò legittimava i sovrani stessi con il rito del mandato del Cielo.
Confucio non si interessava degli dèi, ma insegnava i principi etici, morali e pratici della vita capaci di regolamentare il comportamento individuale e le relazioni sociali. I suoi dettami, tuttora presenti nella cultura dei cinesi, vennero insegnati ai burocrati, anche dopo la sua morte.
Il politeismo seguito dalla maggioranza del popolo cinese, venne parzialmente accolto dai taoisti (diversamente dai confuciani) insieme alla struttura istituzionale derivata dal Buddismo. Successivamente, al Taoismo filosofico si diffuse così, nel VI secolo, un Taoismo religioso che coesistette con altre religioni imperiali, come Buddismo (a volte in modo oppressivo come tra l’842 e l’845, mentre successivamente il Taoismo, fondendosi con il Buddismo Mahayana, originò il Buddismo Zen) e Nestorianesimo (una corrente cristiana) tanto che, con la dottrina delle Tre religioni (Sanjiao), il Taoismo affermò l'unità sostanziale con Confucianesimo e Buddismo.
Confucianesimo
Dottrina denominata anche Ruismo, fu elaborata dal filosofo cinese Confucio (in cinese Kong fuzi, maestro Kong, 551-479 a.C.), in un’epoca di declino della Cina, minata da corruzione e sconvolgimenti politici dovuto alla decadenza della dinastia Zhou (XII e il III secolo a.C.). Confucio desiderava ristabilire pace e ordine, il suo insegnamento enfatizza infatti legami familiari e armonia sociale, dunque la rettitudine del mondo reale, più che la dottrina della salvezza umana in un futuro trascendente.
Appartenente a un nucleo famigliare aristocratico Confucio fu il primo filosofo cinese di grande spessore; insegnante itinerante, diffuse importanti principi etici e morali che consigliò di seguire ai signori feudali allo scopo di far divenire virtuoso anche il popolo. Se imperatore e popolani avessero imparato quale ruolo gli competesse nella società e avessero vissuto conformemente, avrebbero conseguito ordine e prosperità.
La sua dottrina fece da fondamento all’impero cinese per oltre due millenni.
Combattuto sotto il primo imperatore della Cina Qin Shi Huang (260 – 210 a.C.), il Confucianesimo divenne filosofia di stato sotto l'imperatore Han Wudi (156-87 a.C.) fino praticamente al 1949 quando la vittoria del comunismo in Cina (Rivoluzione cinese) soppresse molte delle sue dottrine; a partire dalla fine del Novecento, con l’allontanamento del paese dal Maoismo, è stato però riscoperto dal Partito comunista cinese.
Nel Confucianesimo i principi su cui si fonda l’ordine politico e sociale è basato su etica, buon governo e conformità ai riti.
Kong fuzi non si atteggiò mai a divinità e il suo insegnamento non originò una vera religione in quanto filosofia essenzialmente laica: i suoi templi, costruzioni pubbliche per cerimonie annuali, non avevano lo scopo di riunire la comunità in preghiera come avviene nelle chiese.
La dottrina di Confucio fu prima trasmessa in forma orale (come avvenne ad esempio per Budda e Zaratustra o per la religione cristiana e non si hanno quindi fonti che risalgano direttamente a lui) e poi messa per iscritto nei Dialoghi (Lunyu) allo scopo di fissare dei principi morali in un periodo di disordine politico e sociale susseguente alla dissoluzione del regno Zhou in feudi in lotta fra loro. Egli puntò sull’importanza del Li, un’energia capace di mettere in armonia reciproca mondo e uomo, e che deve guidare quest’ultimo nei suoi doveri (autocontrollo, cortesia, decoro, rispetto, tatto, condotta appropriata, ordine delle cose) verso il prossimo e le entità superiori (antenati, mondo divino).
Se il Li è il comportamento che tutti devono perseguire per far sì che ogni cosa progredisca in famiglia, nello stato e, per estensione, nel mondo, il Ren è invece l’umana benevolenza verso gli altri.
Riti, cerimonie, musica e antica letteratura cinese avrebbero avuto la capacità di rimuovere ogni cosa potesse disturbare l’ordine costituito poiché avrebbero fatto diventare i cittadini felici e virtuosi senza necessità di leggi in quanto non sarebbero esistite dispute. Confucio credeva inoltre che la moralità di sovrani e benestanti sarebbero bastate a garantire la salvezza dello stato.
I Dialoghi non descrivono comunque un sistema filosofico unitario in quanto solo i discepoli di Confucio e i loro allievi realizzarono gli abbozzi di un vero sistema. In ogni caso già quando il Confucianesimo fu innalzato a dottrina ufficiale, vi erano correnti interne: i due millenni successivi complicarono il quadro.
Successivamente alla morte di Kong fuzi nacquero due scuole di pensiero, quelle di Mencio (372 – 289 a.C.) e di Xunzi (313 – 238 a.C.).
- Mencio continuò la dottrina confucioniana, enfatizzando la congenita bontà della natura umana che però poteva traviarsi per la volontà distruttiva dell’uomo o per la contiguità con ambienti malvagi. Proprio per questo l’educazione morale, l’istruzione e la conoscenza sono necessari per preservare o far riemergere la bontà innata di ogni uomo. Si evince che perseguendo il Li le persone avranno il miglior comportamento in ogni occasione, e praticando il Ren tratteranno tutti amabilmente; ciò porterà a una società che vivrà in pace e armonia
- Xunzi pensava che l’uomo nascesse con una natura cattiva o ingovernabile, ma rigenerabile con l’educazione morale. Egli riteneva che il carattere andasse modellato osservando i riti e praticando la musica
Durante la dinastia Sung (960-1279), da una sintesi dei principi del Taoismo e del Buddismo Mahayana, nacque il Neoconfucianesimo. Gli intellettuali che vi aderirono svilupparono le analisi sull’origine dell’universo e sulla natura umana. Questa nuova corrente si suddivise presto nella scuola:
- Li il cui esponente principale fu Zhu Xi. Per questa scuola ogni oggetto in natura è plasmato da una legge universale, costante e immateriale, il Li, e da una sostanza in cambiamento che forma tutta la materia, il Qi.
Il Li dell’individuo, cioè la natura dell’uomo, è fondamentalmente uguale per ognuno. Le differenze dipendono da proporzione e densità del Qi tra gli esseri umani: quanti hanno un Qi impuro avranno tale natura, la cui integrità potrà essere recuperata dilatando la propria conoscenza del Li a tutti gli oggetti - Xin il cui esponente principale fu Wang Yangming. Per questa scuola la mente possiede tutte le leggi della natura per cui tutti dovrebbero sviluppare la conoscenza della mente, attraverso intense riflessioni e meditazioni
In Cina, all'epoca della dinastia Manciù (1644-1912), ci si scagliò contro le due scuole per tornare all’originario Confucianesimo non corrotto da Buddismo e Taoismo.
Nel VII secolo il Confucianesimo fu adottato dalla nobiltà coreana e nel 1393, la Corea adottò il Neoconfucianesimo che fu la filosofia dominante fino ad inizio XX secolo; tale filosofia venne adottata nel XVII secolo anche dal Giappone durante l’egemonia degli shogun della dinastia Tokugawa.
Sotto il dominio cinese il Confucianesimo penetrò anche in Vietnam, ma si diffuse solo nel 939 dopo aver conquistato l'indipendenza dalla Cina finché, nel XV secolo, sostituì il Buddismo diventando religione nazionale.
I precetti confuciani hanno sicuramente favorito il grande sviluppo economico di molti stati dell’Asia orientale come ad esempio Giappone, Taiwan, Corea del Sud, ecc.
Taoismo
Il Taoismo è un insieme di dottrine filosofiche e religiose originatesi in Cina. Si suddivide in Taoismo:
- filosofico: nato all'epoca della dinastia Zhou (già citata nel Confucianesimo), nel periodo in cui le scuole filosofiche cercarono il giusto modo di vivere in un’epoca di cambiamenti politici e sociali. Esso è il risultato di un insieme di credenze religiose provenienti dall'iniziale politeismo cinese, dallo sciamanesimo e dalla divinazione.
Le origini sono realisticamente individuabili nella scuola Yang (denigrata dal confuciano Mencio) che valorizzava l’interiorità dell'individuo. Lo Zhuangzi, un testo del III secolo attribuito a Zhuang Zi (o Chuang-tzu, 369 – 286 a.C. circa) e formato di parabole e allegorie, ne contiene le dottrine - religioso: nato cinque secoli dopo all’epoca della dinastia Han e basato sulla rivelazione del filosofo Lao Zi (o Lao-tzu, VI secolo a.C., contemporaneo di Confucio), che l’eremita Zhang Daoling disse di aver incontrato nell’anno 142 sui monti del Sichuan. Il Tao te ching (Libro della via e della virtù), tradizionalmente attribuito a Lao Zi, ma che risalirebbe almeno a tre secoli dopo data l’epoca in cui fu inventata la scrittura (III – II secolo a.C.), ne contiene le dottrine.
Il Taoismo religioso riconosce antenati, dèi e demoni; quest’ultimi possono essere antenati disprezzati, ma altri antenati stimati possono divenire dèi. Il culto consiste in una invocazione materiale di aiuto e, similmente alla dottrina cattolica, immagini e reliquiari domestici servono a venerare gli dèi. Per le cerimonie il clero rispetta un canone seguito anche a Hong Kong e Taiwan; le cerimonie sono effettuati in luoghi aperti e condite da canti e offerte di incenso per portare benefici sia ai vivi che ai defunti. I sacerdoti effettuano anche esorcismi per allontanare i demoni dai posseduti o purificare le abitazioni infestate dagli spiriti. Il culto degli antenati consiste in offerte di cibo e preghiere agli spiriti dei familiari per invocarne l'aiuto e impedire che diventino demoni.
Alcune tradizioni mistiche provengono dal Taoismo filosofico, tanto che comuni sono sia le tecniche di respirazione che altre affini allo yoga. La meditazione permette anche di ricercare gli dèi al proprio interno, il corpo umano è infatti inteso come miniatura del mondo esterno. Tutto ciò fa parte di quella ricerca che portò alcuni taoisti a studiare l'alchimia per purificare il proprio spirito e il corpo allo scopo di conseguire l’immortalità tramite il Qi Gong (pratiche meditative, concentrazione, controllo respiratorio, particolari movimenti di esercizio fisico) e l'uso di particolari preparati noti come farmaci o elisir alchemici
Se il Confucianesimo esortava le persone a conformarsi a principi etici, morali e pratici per il progresso della società, il Taoismo poneva invece l'attenzione al lato individuale, insegnava di conformarsi solamente alla natura, a essere in armonia con il tao (via, cammino, una sorta di principio alla base dell'ordine naturale delle cose che non è quindi paragonabile al Dio monoteista trascendente). Per farlo si deve non agire (wu-wei), ovvero evitare di fare ciò che è innaturale (come le dottrine) e seguire i propri impulsi; in tal modo si raggiunge l’unità con il tao conquistando un potere mistico (te), capace di superare anche la contrapposizione vita-morte.
Dato che per il Taoismo l'universo possiede una sorta di autoregolazione, privilegiando la spontaneità, si conseguirebbe una vita serena, senza violenza. Seguire il tao senza ostacolare il suo corso è la priorità della dottrina cinese.
Taoismo e Confucianesimo esprimono lo stesso concetto in modo diverso. Il Taoismo originario raccomanda la non azione e di lasciare che la natura segua il suo corso. Il Confucianesimo, più pratico, spiega che per mantenere l’ordine sociale tutti devono fare il proprio dovere e, affinché ciò avvenga, detta delle regole.
Per ricevere il tao bisogna liberarsi dai desideri, emozioni e pregiudizi, rinunciare al sé concettuale, e non essere bloccato dalle preoccupazioni mondane, ma riscoprire la propria natura originale.
Nella sua forma iniziale il tao è il vuoto, ma crea l’universo: da questo stato il tao origina infatti il Qi, una forza vitale di qualunque vivente, che si dividerà nei due principi cosmici dello Yang e Yin, la natura dualistica di ogni elemento dell’Universo (giorno-notte, maschio-femmina, ecc.). Un dualismo illusorio, inesistente, in quanto mera codifica umana basata sull'esperienza sensoriale. Il Taoismo riporta quindi la pluralità degli esseri a un unico principio (Monismo).
Zhuang Zi, relativamente ai concetti di Yin e Yang, riteneva che, siccome tutto è in perenne cambiamento fra due opposti, nell’universo nulla è stabile, ma ogni cosa dura fino alla morte. Solo il tao, essendo senza inizio né fine, è duraturo. Non ha dunque senso intervenire nello svolgimento naturale delle cose perché, a un certo momento, tutto tornerà allo stato opposto (se una situazione è insostenibile, prima o poi migliorerà; se un’altra è positiva, peggiorerà).
Lo Yang è bianco e rappresenta l’energia attiva, lo Yin è nero e passivo. Quest’ultimo raggiunge l’apice dove lo Yang termina e viceversa. Il punto bianco e quello nero denotano l’origine l'uno dall'altro e il fatto che non possono esistere autonomamente.
Successivamente e diversamente da Lao Zi e Zhuang Zi, che lo intendevano come le capacità dell'individuo libero, il tao venne percepito alla stregua di un potere magico e non restò una filosofia passiva. I taoisti per accordarsi con la natura pensarono che, capendone i segreti, potevano svincolarsi da malattia e morte. Ricorsero così a meditazione, diete, pratiche sessuali ed esercizi respiratori. Nacquero leggende su persone divenute immortali e capaci di fare cose soprannaturali. Nel corso della dinastia Han le pratiche magiche ebbero una notevole spinta e, dato che nel Taoismo la vita si genera dalla reciprocità delle due energie opposte Yin e Yang, fondendo congiuntamente piombo (lo Yin scuro) e mercurio (lo Yang chiaro) gli alchimisti, immaginando di imitare il processo della natura, crederono di ricavare la pillola dell’immortalità. Attorno al II secolo il Taoismo diventò una religione organizzata, ciononostante verso il VII secolo il Buddismo cominciò a diffondersi tra i cinesi, nel frattempo il Taoismo iniziò a degenerare, tra idolatria, superstizioni, denaro e l’iniziale scuola filosofica divenne una religione comprendente immortalità, Inferno incendiato e semidei.
Religioni giapponesi
Scintoismo
Religione politeista nativa del Giappone precedente al Buddismo importato dalla Cina nel VI secolo.
Probabilmente le origini dello Scintoismo (da shinto, la via degli dèi) sono da ricercare nell'ultimo Periodo Jomon un periodo che va da circa il 10000 a.C. fino al 300 a.C. Divenne religione ufficiale verso il termine del VI secolo, nel momento in cui la casata imperiale decise di deificare gli ujigami, spiriti preposti alla tutela delle cerchie guerriere, inserendoli in un pantheon che rappresentava l’organizzazione politica.
L’originario sviluppo di riti agrari, unito con la venerazione di una serie di dèi o spiriti (kami) della natura e la paura delle anime dei morti, con i relativi riti per quietarle, divenne devozione verso gli spiriti degli antenati. Per lo Scintoismo l’anima del defunto mantiene la sua personalità ed è infettata dall’impurità della morte. Nei riti l’anima viene mondata dal male assumendo così una veste benigna. In seguito lo spirito del progenitore si eleva a divinità ancestrale o tutelare. Anche lo Scintoismo crede dunque nell’immortalità. Si pensava che le divinità della natura e quelle ancestrali peregrinassero in forma di spiriti. In occasione delle feste i devoti pregavano gli dèi affinché dimorassero nei luoghi consacrati per l’occasione. Si credeva che le divinità alloggiassero temporaneamente negli shintai, simboli od oggetti di culto quali alberi, pozzi, pietre, specchi, montagne, spade. Gli sciamani sovrintendevano ai riti di discesa degli dèi. Successivamente gli shintai divennero più permanenti: vennero eretti santuari per le divinità benigne, cioè quelli che sembrava aiutassero i seguaci.
Gli dèi divennero tantissimi e ogni clan ebbe un santuario per la propria divinità tutelare. Quando la dinastia imperiale unificò il paese nel VII secolo, innalzò Amaterasu Omikami (dea del sole), a divinità centrale e nazionale. In seguito lo stesso imperatore fu ritenuto diretto discendente di Amaterasu. I testi dell’VIII secolo, considerati non ispirati, del Kojiki e del Nihon shoki (o Nihongi) celebravano tale genealogia divina.
Sebbene Confucianesimo e Taoismo (chiamati dai giapponesi via del Yin e del Yang) fossero penetrati nella religione scintoista, fu il Buddismo, introdotto nel 538, a fondersi con lo Scintoismo conducendo a un credo di tipo sincretistico denominato Ryobu Shinto.
Alcune scuole scintoiste prediligevano il Buddismo, altre lo Scintoismo, altre ancora nuove forme di Confucianesimo. Solo dopo molti anni i teologi scintoisti vollero tornare all’Antica Via giapponese. Nel XVIII secolo Norinaga Motoori fu un importante teologo della corrente scintoista detta Scuola di Restaurazione Scintoista. Un suo allievo, Atsutane Hirata, per tentare di depurare lo Scintoismo dagli elementi cinesi, lo fuse con la teologia cristiana, accostando la divinità Amenominakanushi, citata nel Kojiki, al Dio cristiano. Ciò inserì il monoteismo nel concetto scintoista e pose le fondamenta del movimento per magnificare l’imperatore, il quale piegò i dittatori militari che governarono il Giappone fin dal 1192 (shogun), e ricostituì l’impero nel 1868, data in cui lo Scintoismo divenne religione di Stato: la divisione dal Buddismo fu stabilita per legge e le raffigurazioni del Budda tolte dagli edifici sacri e imperiale. Da quel momento e fino al 1945, l’imperatore, fu considerato diretto discendente di Amaterasu, e divenne divino nonché dio dello Scintoismo di Stato.
Quando il divino Giappone venne sconfitto nella II guerra mondiale, lo Scintoismo entrò in crisi. Hirohito, presunto sovrano e dio invincibile, diventò un normale sovrano umano sottomesso. Il governo insediato dagli USA decretò nel 1945 la caduta della religione di Stato e obbligò l'imperatore a smentire la sua natura divina. La fede dei credenti nipponici fu demolita. Lo Scintoismo, non fornendo risposte religiose accettabili per le domande manifestatesi dopo la sconfitta, portò alla credenza dell’inesistenza di alcun dio. Ciò non ha però impedito ai principi scintoisti di restare vivi ancora oggi. Questa è una religione cosmica cioè considera tutto l’esistente come espressione del divino, ha perciò connotazioni panteistiche. Ogni cosa è sacra perché la materia stessa che la compone possiede uno spirito divino che la governa e la massima essenza divina è rappresentata dall'esistenza stessa, dalla natura.
L’energia primordiale che permea l'esistente è detta Musubi, paragonabile al tao del Taoismo.
Come molte religioni dell’Oriente, lo Scintoismo ha natura ciclica. L'esistenza materiale e spirituale, e quindi anche i kami e gli uomini, nascono dall'interazione di due forze primitive e contrarie: il principio negativo In (mitologicamente rappresentato dalla divinità Izanami) e quello positivo Yo (divinità Izanagi), anche qui paragonabile allo Yin e Yang taoista.
I riti, contraddistinti da immagini, suoni e profumi, sono tesi ad appagare i sensi e rasserenare la mente. Quelli principali sono collegati ai cicli stagionali e alla vita del fedele e contraddistinte dalla visita iniziale dei bebè al proprio kami tutelare, dal Shichi-go-san, una festa nella quale i bambini pregano negli edifici sacri per avere buona salute, e dalle feste nuziali.
Il fedele può approcciarsi in modo proprio alla venerazione e solitamente va al tempio per ottenere dagli dèi protezione familiare, buona sorte o altro. La venerazione presuppone l’unione con l’ambiente naturale, per questo motivo gli edifici sacri sono dei luoghi di pace interni alle città, ma il culto è anche praticato a casa, ad esempio preparando piccoli altari con oggetti sacri, oppure nella natura stessa, ritenuta assolutamente sacra poiché espressione della potenza dei kami e loro sede. In realtà mentre ci si affida meno al trascendente, prospera una convinzione che considera divina la materia che compone ogni cosa, poiché formata dalle forze divine che permeano l'universo: qui la scienza può essere d’aiuto dato che la fisica ha scoperto che gli atomi sono formati da particelle più piccole (protoni, neutroni, elettroni) e queste da particelle ancora minori (quark). L’interazione tra queste oggetti subatomici crea energia spostandosi tra poli positivi a negativi, equivalenti al dualismo che genera il tutto nelle filosofie collegate alla nozione di Yin e Yang.
Tra i testi sacri dello Scintoismo vi sono:
- il Kojiki (Documenti degli antichi avvenimenti, 712) e il Nihongi (Cronache del Giappone, 720); essi parlano della genealogia della casata imperiale dalla più importante divinità del pantheon scintoista, la dea solare Amaterasu, leggendaria antenata della famiglia reale giapponese e quindi presupposto di legittimazione dei reggenti per diritto divino
- i compendi dei rituali costituenti tuttora la liturgia scintoista:
- Engishiki (Istituzioni dell'età Engi, 905-927)
- Shinto Gobusho Shinto Gobusho (Cinque libri dello Shinto, XII secolo)
Questa religione non ha in fondatore noto, una Bibbia, dogmi o insiemi definiti di dottrine, preghiere, luoghi santi, persone o kami più sacri degli altri, ma è più che altro un insieme di riti utili per mettere in relazione persone e kami stessi. Questi ultimi, come lo spirito umano, sono eterni e, come spesso accade nelle concezioni orientali moderne, l'aldilà rappresenta un piano esistenziale superiore. Nel momento del trapasso si muta forma e si entra in un differente tipo di esistenza.
Prima della morte invece ogni persona deve occuparsi del prossimo ed essere umile per conservare l'armonia con la natura (che, come detto, è ritenuta sacra poiché espressione del divino e portatrice dell’equilibrio della vita) e con le persone al fine di promuovere il benessere della società.
Sono i riti purificatori e le feste ad armonizzare la comunità. La pulizia, sinonimo di purezza e quindi virtù fondamentale, è indispensabile per avere una vita armoniosa, va quindi perseguita sia su sé stessi che dove si vive. L’acqua, ma anche il sale, sono considerati elementi purificatori. I riti di purificazione avvengono all’inizio di ogni cerimonia religiosa e sono necessari per benedire avvenimenti importanti come nuovi edifici, aerei o altro.
Per divenire scintoisti non occorre convertirsi secondo un qualche tipo di rito o aderire a una particolare collettività, poiché si è predisposti ad avvicinarsi a questa credenza naturale che fluisce nello spirito umano. Basta quindi credere negli spiriti della natura (kami) e seguire le regole scintoiste.
Una curiosità: in questa religione il Dio cristiano viene tradotto con kami. In Giappone si pensa che Gesù abbia viaggiato, appreso lo Shinto, si sia convertito allo Scintoismo e sia deceduto a 106 anni a Shingo, dov’è presente la sua tomba. Un mito forse nato grazie ai missionari cristiani che attorno al XVI secolo fecero opera di proselitismo in Giappone. Verosimilmente questo mito fu poi cavalcato per consolidare il sentimento popolare nazionalista e indebolire la religione cristiana.
Tenriismo
Anche chiamato Tenrikyo e originato nel 1838 dalla giapponese Nakayama Miki (Oyasama per i suoi sostenitori), è una religione in forte ascesa originata quando la donna fu posseduta, con il marito consenziente, dal dio unico (Tenri-O-no-Mikoto). I libri sacri Ofudesaki, Mikagura-Uta e Oshashizu, racchiudono le frasi del dio riferite tramite Nakayam Miki. Il fine della religione è la salvezza dell’umanità.
India
Le religioni indiane
- Induismo
- Buddismo
- Sikhismo
- Giainismo
Dall’8000 a.C. si sviluppò, nella zona indiana, dapprima una cultura mesolitica e successivamente neolitica, con conseguente crescita dell’agricoltura e dell’allevamento. Verso il 2500 a.C. ebbe origine la civiltà della valle dell’Indo, durante la quale crebbero città come, ad esempio, Mohenjo-daro e si intensificarono gli scambi con la Mesopotamia.
Attorno alla metà del II millennio gli arii, una tribù proveniente dalle montagne nordoccidentali, la cui religiosità si basava su dottrine iraniche e babilonesi, causò l’estinzione della civiltà della valle dell’Indo e portò a un’organizzazione fondata sulla classi, che condurrà successivamente al sistema delle caste, una gerarchizzazione sociale di carattere ereditario.
Prima dell’arrivo degli arii è probabile si adorasse la Grande Dea Madre. Quando furono redatti i Veda, l’insieme di credenze assunse la denominazione di Induismo. Questo comprende molte religioni e sette che sostanzialmente considerano la vita in maniera diversa dagli occidentali, ovvero come un continuo divenire in cui le vicende umane sono secondarie. L’Induismo ha un numero elevatissimo di divinità eppure i loro seguaci affermano non sia politeistico perché dèi e dee rappresentano l’unico Dio supremo. Non ha un preciso credo o una gerarchia sacerdotale, ma insegnanti (swami) e guide spirituali (guru).
I Veda rappresentano i più antichi testi sacri indù, furono redatti in sanscrito a partire da circa il 1500 a.C., da più autori, spesso anonimi, e completati verso il 900 a.C. Vennero usati inizialmente a scopo cultuale e per i rituali magici, in modo particolare durante i sacrifici. I Veda sono quattro: Rig Veda, Atharva Veda, Sama Veda, Yajur Veda. A parte il Sama Veda, gli altri sono composti da tre parti:
a) raccoglie i mantra cioè invocazioni alle divinità. Vi appaiono numerosi dèi senza una specifica gerarchia, anche se alcuni vengono nominati più di frequente
b) raccoglie i brahmana cioè precetti del XI - VIII secolo a.C., utili ai sacerdoti, i quali trasferivano la propria funzione in modo ereditario. Vi appare Prajapati, una divinità adorata anteriormente alle altre, artefice del mondo, scaturito da un’effusione divina. La personalità individuale, la coscienza (l’io), è detto atman, ed è prioritario rispetto al mondo materiale detto brahman in quanto, mancando l’atman, l’universo esterno risulterebbe illusorio. La perfezione nel pensiero indù sta nella realizzazione dell’io, cioè nell’identificazione del divino in sé stessi
c) raccoglie le upanishad (o vedanta che raccolgono i sistemi successivi alle upanishad ma su essi fondati), testi del XI - VI secolo a.C., che cercano di riunificare gli dèi nell’unico principio divino del brahman.
Trasmigrazione delle anime, reincarnazione, credenza che i comportamenti avuti in una vita passata condizionano quella corrente, in pratica il destino(karma), appaiono idee centrali delle upanishad; reincarnazione e karma sono mezzi utili a oltrepassare il ciclo delle rinascite (samsara).
Nelle upanishad del VI secolo a.C., si perpetuano il pensiero dei Veda e dei poemi del Mahabharata e del Ramayana che raccontano le vite di Krishna e di Rama (o Ramachandra) ritenuto dagli indù la settima incarnazione (avatara) di Visnu. Una parte del Mahabharata, il Bhagavad-gita, spiega la somma via di religione e moralità: lasciarsi andare a Krishna.
Mentre Veda, Brahmana, Upanisad sono ritenuti rivelati, altri scritti come i poemi epici e i Purana, sono considerati tradizione.
Nell’Induismo riveste notevole importanza l’ahimsa o non violenza, ne fu grande sostenitore il Mahatma Gandhi a cavallo tra il XIX e XX secolo, dunque è lecito aspettarsi che un induista non uccida o nuoccia ad altre creature.
La struttura delle caste determina una rigida ripartizione della popolazione in classi da cui non c’è quasi scappatoia; tra l’altro, l’indù di norma non la cerca perché ritiene che la propria vita sia il giusto destino dovuto alle azioni fatte in un’esistenza passata.
Se in origine, secondo la mitologia induista e come gli inni del Rigveda spiegano, c’erano solo quattro caste fondate su parti del corpo di Purusa, l’uomo primitivo padre dell’umanità, successivamente il numero di caste è cresciuto costringendo milioni di individui a portare avanti un’esistenza infelice; nonostante la formale abolizione la discriminazione di casta è ancora viva e ha ancora pesanti ripercussioni sociali sulle persone ritenute di rango inferiore.
Il fatto che l’induista cerchi di avere un comportamento migliore affinché la vita successiva possa essere più felice presuppone un’anima immortale che si sposta da una vita all’altra, vegetale, animale o umana. È nel karma che la dottrina indù dell’anima si differenzia da quella cristiana: l’indù ritiene che l’anima di ogni uomo si reincarni più volte tentando di giungere al moksha, la liberazione dalla ciclicità delle reincarnazioni e riunirsi con la Suprema realtà (Brahman), mentre i cristiani prospettano all’anima Paradiso, Purgatorio e Inferno.
È possibile perseguire il moksha tramite diverse vie (marga):
- Bhakti-yoga: via della devozione. Permette il libero scorrere dei sentimenti e desideri invece di essere costretti a controllarli con l’ascetismo, ma contempla di essere devoti alle divinità; è la via più semplice ed è perseguibile da tutte le caste
- Karma-yoga: via dell’azione. Tutti devono compiere alcuni doveri (ahimsa, astensione dall’alcool, astensione dalla carne), anche a seconda della casta di appartenenza
- Jnana-yoga: via della conoscenza. Comporta yoga teso all’analisi della propria interiorità, separazione dal mondo e un’esistenza essenziale fatta di autocontrollo e rinuncia
- Raja-yoga: è lo yoga classico che consta di posizioni corporali, tecniche respiratorie e ripetizione di formule meditative
La Bhagavad-gita afferma che nel momento della morte, l’anima passa ciclicamente da un corpo a un altro senza subire alcun cambiamento: in un certo senso non c’è quindi un motivo valido per dolersi del trapasso.
Mentre alcuni interpreti della Bibbia ritengono che l’uomo sia un’anima (deducendolo da Genesi 2:7: E Geova Dio formò l’uomo dalla polvere del suolo e gli soffiò nelle narici l’alito della vita; così l’uomo diventò un essere vivente), per l’Induismo l’uomo ha un’anima. La credenza dell’immortalità dell’anima è stata ereditata dalle religioni mesopotamiche. Per la Bibbia, dunque, una volta morti non ci dovrebbe essere esistenza cosciente, felicità o dolore, se ciò fosse vero sparirebbero anche le irrazionali costruzioni tortuose sull’aldilà fabbricate dalla Chiesa.
In un commentario della Bhagavad-gita si riporta che però, chi ha molto peccato, sarà punito su pianeti infernali. Ma se per il cattolico il tormento nell’Inferno di fuoco è eterno, nell’Induismo non lo è: il Markandeya Purana scrive che dopo le punizioni subite negli inferni il peccatore prende forma animale e vegetale, dal verme all’albero, al cavallo, ecc. e, giunto alla specie umana, nasce di aspetto sgradevole.
La Trimurti (Brahma Creatore; Visnu, benevola divinità solare, può assumere la forma di dieci diversi avatara come ad esempio Rama, Krishna, Budda; Shiva portatore di fertilità il cui culto viene realizzato tramite il linga, simbolo fallico) è la triade più gettonata tra i milioni di divinità induiste. La sposa di Brahma è la dea Sarasvati. Visnu ha Lakshmi, mentre la prima moglie di Shiva fu Sati la quale, secondo la mitologia, si uccise gettandosi sul fuoco sacrificale (finché la tradizione non fu vietata venne imitata da migliaia di vedove induiste sulla pira funeraria del coniuge). La sua seconda sposa fu Parvati (in veste di dea benigna) oppure Durga o Kali (in veste maligna); in qualità di dea madre è detta Kali Ma: nel passato riceveva sacrifici umani da parte della setta dei thug.
La Triade è parte dell’essere supremo Brahman, Creatore dell’universo materiale. Qualsiasi divinità si adori quella comprende comunque tutto, quindi, la maggior parte degli indù riconosce un unico Dio, che può prendere diverse sembianze umane o animali. È per questo che gli induisti affermano il monoteismo della loro religione.
La tarda dottrina vedica preferisce sostituire al concetto di essere supremo quello di principio divino impersonale.
Come affermano il Visnu Purana e il Brahmandapurana, il fiume Gange è considerato sacro e può purificare e guarire i fedeli.
Pur insegnando la tolleranza e trattando bene gli animali, karma, caste, idolatria, allontanarono taluni finché Siddhartha Gautama (da molti chiamato Budda, un appellativo che significa il risvegliato, l'illuminato e che quindi non è un nome di persona), vissuto nell’India settentrionale nel VI secolo a.C., fondò il Buddismo: in India ebbe molto seguito fino al XII secolo, mentre dopo l’occupazione musulmana quasi sparì. La sua dottrina è affidata alla memoria dei discepoli perché non esistono scritti sacri dell’epoca, la cui effettiva redazione attese oltre mezzo millennio.
Il Buddismo professa le Quattro nobili verità: la vita è sofferenza; suo insorgere dal desiderio; suo superamento e quindi fine della sofferenza; via verso il superamento attraverso l’Ottuplice sentiero, che elimina le cause della sofferenza, con il controllo su sé stessi, dal pensare all’agire.
L’illuminazione dipende dalla propria dedizione nel mettere in atto pensiero e azioni rette e quindi non è frutto di Dio. Il Buddismo disapprovando l’ingordigia e le corrotte pratiche dei sacerdoti, nonché il rigido ascetismo dei giainisti oltre ad altri culti mistici, venne accolto con favore. Aboliva sacrifici, riti, divinità e caste, assicurando liberazione per chi percorreva la via del Budda.
Attorno al III secolo a.C., grazie al sovrano Aśoka, il Buddismo iniziò a diventare una religione internazionale. Versi il VI secolo si consolidò nell’Asia sud orientale e in Estremo Oriente, mentre in India, paese d’origine, cominciò a regredire perché i monaci, dedicandosi ai loro studi, persero il contatto con i seguaci. La privazione del sostegno reale e l’adozione di pratiche induiste concorsero alla sua scomparsa attorno al XIII secolo.
Oggi il Buddismo è ben presente in Cina, Mongolia, Tibet e nel Sud-Est asiatico, mentre in Europa e in America del nord ha molta attrattiva. Si hanno però varie scuole, ognuna della quali ha proprie dottrine, pratiche, scritture, in base alle interpretazioni sull’essenza del Budda, un po’ come i cristiani le hanno sulla Bibbia.
La scuola Theravada o Hinayana, presente in Cambogia, Laos, Myanmar, Sri Lanka, Thailandia esalta la saggezza e la capacità di occuparsi personalmente della propria salvezza rifiutando il mondo e ritirandosi a una vita monastica fatta di meditazione e studio. Chi non ha visto quei ragazzi rasati che, a piedi scalzi e vestiti con abiti arancioni, aspettano con le scodelle l’offerta di cibo da parte dei fedeli laici? Passando parte della loro vita in monastero tentano di raggiungere la perfezione spirituale e la liberazione dalla sofferenza dovute al samsara.
Per la scuola Mahayana, presente in Cina, Corea, Giappone, Vietnam, verità e salvezza sono alla portata di ognuno. Dato che in tutti è presente la natura amorevole del Budda, ogni persona può divenire un Budda, un illuminato o un bodhisattva cioè uno che pur essendo giunto all'illuminazione, e avendo perciò terminato il ciclo delle rinascite, preferisce rinunciare temporaneamente al nirvana (scomparsa delle passioni e desideri; esistenza libera dalle sensazioni di dolore, timore, bisogno, amore, odio, ecc. e piena di pace; praticamente la fine dell’esistenza individuale) e seguitare nelle reincarnazioni allo scopo di farlo raggiungere anche agli altri. L’illuminazione non si persegue con la ferrea autodisciplina, ma con la fede nel Budda e la compassione per ogni essere vivente. Una nota setta mahayana è quella del Buddismo zen il quale insegna che non occorrono studio, buone opere e riti per arrivare all’illuminazione, ma è sufficiente la meditazione.
La scuola Mantrayana (Buddismo tibetano o Lamaismo) esalta culto, riti, forte utilizzo di mantra (formule con o senza significato ripetute a lungo e meccanicamente come pratica meditativa, una sorta di litania cristiana), anziché la saggezza o la compassione. Le preghiere vengono reiterate migliaia di volte al giorno aiutandosi con rosari e mulinelli. I rituali vengono insegnati da un maestro monastico (un lama, come ad esempio il Dalai Lama). Nel momento della morte di un lama, si cerca il giovane nel quale egli si è reincarnato.
Il Buddismo originario ritiene l’essere umano un insieme di energie fisiche e mentali e crede nel karma e nel samsara, dato che queste energie non spariscono con la morte, ma si rivelano in nuova forma, originando un’esistenza, una rinascita.
Gautama Budda non parlò di Dio né volle esserlo. Dio nel Buddismo è insignificante, perché ritiene rilevante il perseguimento della salvezza, tramite la ricerca interiore dell’illuminazione. Questo individualismo ha originato nei secoli un insieme di dottrine e tradizioni maturate all’interno di varie scuole e sette e quello che doveva essere una soluzione semplice degli affanni della vita ha originato un qualcosa di difficile da capire per molti. Il buddista ordinario invece pensa solo a venerare antenati, divinità, idoli, reliquie e a mettere in atto pratiche ben lontane da quanto Gautama Budda volle insegnare.
Oltre al Buddismo a
ttorno al V secolo a.C. nacquero anche Materialismo e Giainismo che, insieme al Buddismo disconobbero i Veda e la casta sacerdotale.
Il Materialismo afferma che l’esistenza finisce con la morte e che l’anima non esiste senza un corpo. Capo spirituale fu Canakya di cui però non si posseggono scritti.
Il Giainismo, il cui antico simbolo è una svastica, fu fondato attorno al VI secolo a.C. dal principe indiano Vaddhamana, detto Mahavira (Grande eroe), anche se è probabile che egli riformò solo la precedente dottrina di Parshva (IX e l'VII secolo a.C.). Vaddhamana visse di rinuncia, autodisciplina, ascetismo, vegetarianismo, digiuno e rispetto dell’ahimsa, non violenza verso qualsiasi creatura, anche il più piccolo insetto. Ciò allo scopo di perseguire la conoscenza e la liberazione dal ciclo delle rinascite: si presuppone, dunque, anche qui il concetto di immortalità dell’anima.
Il Giainismo attribuisce infatti un principio vitale o anima (jiva, opposto a quello che, come la materia, è ajiva, non vitale) a tutti gli esseri viventi: peculiarità di ciò che è jiva è uno stato spirituale, una condizione pura della coscienza, oscurata da una certa dose di materia, conseguenza del karma. Solo l’estinzione di quest’ultimo può liberare il principio vitale dalla materia, conquistando il sapere assoluto.
I monaci, spesso itineranti, professano un ascetismo inflessibile fondato sulla castità e sul rifiuto della proprietà e delle attività economica e affidandosi alla bontà dei fedeli laici per il cibo e il ricovero. Mentre i monaci della scuola Svetambara vestono un semplice abito bianco, quelli della scuola Digambara hanno un abito d’aria, cioè sono nudi.
Gli scritti canonici rimasti sono rappresentati da un canone redatto nel V secolo e degli scritti del monaco Kundakunda, secondo alcuni vissuto attorno al II secolo.
Tra le correnti moderne, quella denominata Anuvrata consente ad alcuni monaci di usare mezzi di trasporto e di andare all’estero per divulgare la religione.
I giainisti moderni, per migliorare il proprio karma, hanno sempre un comportamento di rinuncia nonché di rispetto per ogni creatura.
Il Sikhismo è molto posteriore rispetto alle principali religioni indiane come Induismo, Buddismo e Giainismo, nacque infatti nel XVI secolo quando il guru Nanak (1469 - 1539) volle unire il meglio di Induismo e Islamismo, è sostanzialmente la religione dei cittadini del Punjab, tra India e Pakistan. Il credente sikh (discepolo, fedele) è individuabile dal turbante blu (esprime un pensiero aperto scevro da preconcetti), bianco (esprime un individuo con una vita irreprensibile) o nero (esprime la persecuzione britannica subita nel 1919), altri colori denotano preferenze personali.
Come i seguaci delle religioni abramitiche, i sikh credono in un unico Dio e proibiscono l’utilizzo di idoli. Come gli induisti credono all’anima immortale, alla reincarnazione e al karma. Per Nanak Dio può sciogliere dal karma chiunque porti avanti un’esistenza di etica esemplare e devozione interiore. Un altro suo insegnamento era di dividere ciò che si ha con gli ultimi.
Con l’ultimo e decimo guru Gobind Singh (1666-1708), il Sikhismo si allontanò dall'idea di Nanak e organizzò una comunità di guerrieri scelti (Khalsa) disposti a morire per la propria fede e fedeli alle cinque K: kesh, capelli lunghi raccolti in un turbante che esprimono la spiritualità; kangha, pettine fermacapelli che indica ordine e disciplina; kirpan, sciabola che significa dignità, coraggio e abnegazione; kara, braccialetto di ferro che esprime l’unione con Dio; kachh, pantaloni tipo bermuda che simboleggiano modestia e disincentivo morale. Con Singh si ferma la successione dei guru poiché egli annunciò come guru eterno il testo Granth Sahib (o Adi Granth) che contiene gli scritti sacri del Sikhismo. Il più santo fra i luoghi cultuali è il Tempio d'Oro ad Amritsar, il cui sancta sanctorum conserva l’Adi Granth. Quando nel 1849 lo stato sikh del Punjab venne sconfitto, divenne parte dell'impero britannico. In seguito all'indipendenza dell'India del 1947, la comunità sikh restò invischiata in una serie di faide che portarono anche all’assassinio, nel 1984, del primo ministro Indira Gandhi da parte di una sua guardia del corpo di religiosità sikh. Negli anni successivi ciò causò in Punjab atti violenti con migliaia di morti.
Religione greca e romana
La civiltà greca si formò verso il 2000 a.C. e la mitologia attorno al IX secolo a.C., lo stesso periodo dei poemi dell’Iliade e dell’Odissea di Omero e della Teogonia di Esiodo dov’è presente la prima classificazione degli dèi greci. La religione, come per la maggior parte dei popoli antichi, era dunque politeista. Da un iniziale Animismo nacquero leggende su natura, animali e dèi dall’aspetto umano, e una parte converse nella mitologia greca classica. Gli dèi erano immortali, avevano fattezze ed emozioni umane, non c’erano rivelazioni, dottrine, testi sacri e la mitologia evidenziava la pochezza umana rispetto alle immani forze naturali. Vita delle persone e manifestazioni naturali dipendevano dal volere divino. Le città greche erano consacrate a un dio o a un pantheon. Delfi era sede di un santuario consacrato ad Apollo e del noto oracolo per predire il futuro che, visto l’interesse dei greci per la divinazione, acquistò molta importanza: sacerdoti e sacerdotesse, entrando in trance e immaginando di comunicare con la divinità, davano risposte a qualsiasi domanda (nel santuario di Delfi è stata rinvenuta la seguente iscrizione: “Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi, non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh! Uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei”). Nel V secolo a.C. il filosofo Prodico di Ceo suggeriva che gli dèi fossero fenomeni naturali personificati, mentre il contemporaneo storico Erodoto pensava che molti riti provenissero dagli egizi.
Alla discendenza del dio supremo Zeus (che corrisponde al Giove romano) fa capo l’insieme delle più importanti divinità.
Zeus, figlio di Crono e Rea (discendenti da uno dei dodici Titani creati dai capostipiti Gea la Terra e Urano il Cielo, apparsi dal nulla nel primordiale Caos), era dio del cielo, scagliava i fulmini, custodiva le leggi naturali e morali e si occupava della giustizia. Fratello di Estia (dea del focolare), Ades (dio dell’oltretomba), Demetra (dea dell’agricoltura) e Poseidone (dio del mare), sposò sua sorella Era, dea della terra e protettrice dei matrimoni e dei parti, con la quale procreò, tra gli altri, Ares, dio della guerra. Con altre concepì ulteriori figli tra cui Afrodite dea dell'amore, Pallade Atena, o semplicemente Atena, dea della saggezza; Apollo, dio della luce; Artemide, dea della caccia e degli animali selvatici, Ermes, messaggero degli dèi.
Gli dèi erano antropomorfi, possedevano le debolezze umane e se intervenivano nelle vicende degli uomini lo facevano secondo le proprie emozioni; erano immortali, ma non eterni dato che non esistevano da sempre. Non potevano intervenire sulle decisioni delle Moire (le Parche romane), le tre dee che stabilivano il destino degli uomini.
A volte procreavano con gli umani facendo nascere semidei mortali o eroi come Eracle, Teseo, Achille.
Zeus, Era, Apollo, Atena, Ares, Afrodite, Ermes, Efesto (dio del fuoco), Estia, Demetra, Poseidone e Artemide formavano i dodici dèi dell’Olimpo: il monte Olimpo (realmente esistente) era la loro dimora.
Gli antichi greci pensavano che con la morte l’anima uscisse dal corpo e andasse nell’Ade, luogo di infelicità eterna, ma prima doveva varcare il fiume Acheronte, che era il confine dell’oltretomba, pagando il traghettatore Caronte e sfamando il cane a tre teste Cerbero che impediva l’uscita dall’oltretomba alle anime e l’entrata ai vivi. L’Ade aveva comunque degli sbocchi nascosti dove profetesse potevano comunicare con i morti.
Quando l’Impero Romano assorbì la cultura greca, data l’apertura verso le religioni di altri popoli, associò le divinità romane a quelle greche (operazione che veniva fatta spesso quando i romani conquistavano i popoli stranieri), eccone alcune: Ade (Dio degli inferi e signore dei morti) divenne Plutone; Afrodite (Dea della bellezza, del desiderio e dell'amore), Venere (dea dei giardini e dei campi); Apollo, Febo (Dio della profezia, della medicina e dell'ispirazione artistica) restò Apollo (dio Sole); Ares (Dio della guerra) divenne Marte; Artemide (Dea della caccia), Diana (dea Luna); Atena, Pallade (Dea delle arti, dei mestieri e della guerra, soccorritrice degli eroi), Minerva (dea della saggezza); Demetra (Dea del grano e dei raccolti), Cerere; Dioniso (Dio del vino, della vegetazione e dell'ebbrezza estatica), Bacco; Efesto (Dio del fuoco e della lavorazione dei metalli; fabbro degli dèi), Vulcano; Elio (Dio Sole), Sole; Era (Dea del matrimonio e del parto, protettrice delle donne coniugate, regina degli dèi), Giunone; Eracle (Eroe invincibile), Ercole; Ermes (Messaggero degli dèi, protettore dei viaggiatori, dei ladri e dei mercanti), Mercurio; Eros (Dio dell’amore), Cupido; Estia (Protettrice della casa e del focolare), Vesta; Gea (Terra madre), Terra; Moire (Dee responsabili del destino degli uomini), Parche; Nike (Dea della vittoria), Vittoria; Persefone (Dea degli inferi e dell'alternanza delle stagioni), Proserpina; Poseidone (Dio del mare e dei terremoti), Nettuno; Selene (Dea Luna), Luna; Urano (Dio del cielo), Cielo; Zeus, Giove.
Precedentemente la religione romana discendeva da un insieme di tradizioni di popoli italici ed etruschi, credenze varie e miti greci.
Dato che per i latini era lo Stato a essere sacro, Roma aveva leggende di stampo civile e storico (Enea, ratto delle Sabine, Orazio Coclite, Muzio Scevola, oche del Campidoglio) e non mitologie che spiegavano nascita o discendenza degli dèi, in tal modo potevano descrivere la genesi della propria civiltà. Avevano dèi di indigetes (locali), dèi di novensiles (assimilati nel tempo) e numina (divinità invocate per mansioni determinate, legate alle necessità della vita quotidiana, ad esempio Giano era pregato per sorvegliare su porte e passaggi, i Lari difendevano campi e casa, Vesta il focolare, Pale i pascoli, Cerere e Pomona, la crescita del grano e della frutta, Saturno la semina Quirino le milizie nei periodi di pace, ecc.).
Giove, Marte e Quirino (assimilato a Romolo) era la triade preminente del pantheon arcaico. In seguito con i Tarquini divennero importanti la Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva), il tempio di Diana sull’Aventino e l’istituzione dei Libri Sibillini, una selezione di profezie.
Oltre ai Lari venerati in una nicchia sul muro esterno della casa, vi erano i Mani, spiriti benevoli degli antenati (celebrati in particolare durante le feste dette Parentalia, quando il popolo visitava le tombe dei parenti) e i Penati che garantivano il benessere familiare, ricordati tramite statuette votive in una nicchia vicina al focolare domestico.
Il legame tra lo Stato e il culto fece sì che gli incarichi religiosi ebbero fin da subito valore giuridico e politico, ad esempio con il rex sacrorum (il re) e il pontifex maximus (l’imperatore), con quest’ultimo divenuto appellativo del Papa quando l’Impero Romano d’Occidente decadde.
Chi desiderava una fede più particolare, poteva rivolgersi alle religioni misteriche, cioè a culti primitivi di carattere salvifico come risposta ai problemi esistenziali sulla vita e la morte, dove credenze, pratiche e loro vera natura sono rivelate solo agli iniziati, i quali devono mantenere il segreto.
I principali culti misterici erano i misteri eleusini greci relativi al culto di Demetra e Persefone e i misteri dionisiaci legati al culto di Dioniso. Ci sono poi i misteri orfici legati a Orfeo, quelli del dio frigio Sabazio e dei Cabiri a Samotracia; ma furono importanti anche i misteri orientali come quelli della Grande Dea Madre Cibele con Attis (Asia minore), quelli di Serapide, Iside e Osiride (Egitto), e quelli di Mitra (Persia). Tra questi, durante l’età imperiale del I secolo, acquistarono popolarità specialmente i culti dedicati alla dea Iside e a Mitra.
Islam
Ebraismo, Cristianesimo e Islam, le tre religioni monoteiste che durano rispettivamente da 30, 20 e 14 secoli, sono state sempre al centro di molte guerre (sarebbe possibile redigere libri sul comportamento criminale di ognuna di esse), si considerano antagoniste e manifestano una pretesa di assolutismo verso le religioni precedenti invece di accettare di essere una continuazione delle credenze antiche. Non a caso Abramo è ritenuto il capostipite di tutte e tre queste religioni monoteistiche che quindi, sotto alcuni aspetti, possono essere rappresentate come un’unica struttura religiosa.
La jahiliyya (ignoranza) è il termine che i musulmani usano per indicare l’epoca anteriore al profeta Maometto (nato a La Mecca, in Arabia Saudita, attorno al 570) e quindi la religione araba preislamica. Il termine denota la non conoscenza del messaggio salvifico che il Profeta ebbe da Allah: con esso gli estremisti odierni individuano i gruppi che operano in maniera diversa da quanto essi pretendono di saper essere il vero messaggio islamico.
I culti religiosi degli arabi precedenti il VII secolo erano politeisti e derivavano sostanzialmente dai popoli vicini: Edomiti, Moabiti, Nabatei, ad esempio nel regno nabateo si veneravano le divinità locali Baalshamin e Iside nonché quelle greche e poi romane Tiche e Dioniso. Si avevano altresì similarità con gli dèi babilonesi e fenici. I beduini possedevano abitudini ebraiche al punto che nel VI secolo v’era il monoteismo hanif (un culto verso il Dio di Abramo, antenato comune secondo ebrei e arabi), appaiata alla venerazione di idoli come, ad esempio la Pietra Nera della Mecca (un meteorite di 30 centimetri di diametro portato, secondo i seguaci, dall'arcangelo Gabriele e scuritosi per i peccati dell’umanità, tuttora presente all’esterno del santuario della Kaaba costruito, secondo la tradizione, da Abramo e da suo figlio Ismaele).
In altre zone le tribù avevano una divinità protettrice, pur ammettendone altre (una sorta di enoteismo dove l'idea dell'unicità di Dio non respinge quella di pluralità degli dèi, quando invece il monoteismo la scarta). Gli Abissini seguivano il principio cristiano monofisita che asserisce l’esistenza in Cristo della sola natura divina (il concilio di Calcedonia del 451 ritenne eretico tale principio e decise per la duplicità della natura, umana e divina e l’unicità della persona di Gesù). Vi erano altresì gruppi totalmente cristiani, altri seguivano una specie di Cristianesimo giudaizzante, originato dall'eresia Ebionita che negava la divinità di Cristo; infine erano presenti anche lo Zoroastrismo, il Cristianesimo nestoriano (che riconosce anch’esso in Cristo le due nature umana e divina, ma anche due persone, dio e uomo) e comunità ebraiche.
Ma quando, all’inizio del VII secolo, il pressappoco quarantenne Maometto divenne profeta, tutto cambiò. Dato che Dio gli parlò in arabo tramite l’angelo Gabriele, per i musulmani il Corano in questa lingua è la rivelazione autentica in quanto ogni traduzione snatura l’originale. Già all’inizio dell’VIII secolo la religione islamica era presente in Afghanistan, Tunisia, Spagna e successivamente Pakistan, India, Bangladesh, Indonesia.
Maometto adottò molte pratiche religiose ebraiche forse per farseli amici, ma nel momento in cui la comunità di Medina (città dell’Arabia Saudita che conserva le reliquie del Profeta) non credette alle sue profezie, devastò gli abitati ebraici, uccidendo e schiavizzando la popolazione.
L’insegnamento fondamentale dell’Islam è che non v’è altro dio che Allah e che Maometto ne è il messaggero, un po’ come quanto affermato nel biblico Deuteronomio 6:4 due millenni prima: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Il Corano asserisce l’unicità di Dio disconoscendo il concetto trinitario. Molti affermano che neanche Cristianesimo iniziale credeva nella Trinità essendo un concetto pagano immesso successivamente alla morte di Gesù e dei suoi apostoli.
Anche l’Islam afferma invece che ogni uomo abbia un’anima e che questa vada nell’Aldilà per una futura Risurrezione. L’anima, a seconda di come si è comportata la persona, può raggiungere un giardino paradisiaco o essere punita in un Inferno ardente.
Durante la sua diffusione l’Islam si scontrò con la Chiesa cattolica la quale lanciò Crociate per riconquistare la Terra Santa. Nel 1492 i cattolici regnanti spagnoli terminarono la riconquista della Spagna. Musulmani, ma anche ebrei, dovettero convertirsi per evitare l’espulsione dal paese.
Bahaismo
Questo credo deriva dal Babismo che nel 1844 in Persia (odierno Iran) si staccò dagli sciiti islamici. L’al-Kitab al-Aqdas è il libro sacro di questa religione monoteista e abramitica la quale ritiene che Dio si sia rivelato all’uomo mediante manifestazioni divine comprendenti Abramo, Mosè, Krishna, Zoroastro, Budda, Gesù, Maometto e Bab. Crede inoltre che le grandi religioni abbiano origine divina e che i loro princìpi di base divergano soltanto nelle parti marginali. Per la fede baha’i Dio è unico e inconoscibile e l’anima è immortale. Nega Trinità, reincarnazione, caduta dell’uomo perfetto nel peccato e dunque anche la successiva redenzione tramite il sangue di Cristo. Crede nella fratellanza umana, nella parità tra i sessi, nell’osservanza delle leggi dello stato e professa l’unità del genere umano e la pace universale. I fedeli sono monogami, non hanno tanti riti prefissati, un clero o la figura di sacerdote. Ci si riunisce nelle abitazioni degli aderenti anche se in alcune nazioni vi sono dei templi. Questa religione è stata sin dalla nascita perseguitata in Iran tanto che nel 2013 l'Ayatollah Ali Khamenei, ha emesso una fatwa (una sorta di parere) che condanna i fedeli per apostasia e sollecita gli iraniani a non entrare in contatto con loro.
Religioni afro-brasiliane: Candomblé
Candomblé e religioni sincretiche
Ci sono numerose forme di sincretismo nelle religioni afro-brasiliane, una di esse è il Candomblé.
Il Candomblé deriva direttamente dalle primitive forme di Vudu delle popolazioni africane. Con la tristemente celebre tratta degli schiavi africani è nato il culto sincretico. La necessità di esprimere il proprio culto vudu da parte degli schiavi portati nelle piantagioni in Sudamerica, senza essere puniti dai "padroni" bianchi, ha così creato il sincretismo.
Una religione vicina alla magia concreta
Di base la cultura religiosa e magica del Candomblé è fortemente legata alla magia rossa che serve a far innamorare, a risolvere i problemi concreti delle coppie, al buon auspicio di un matrimonio e alla fertilità. Le divinità somigliano molto agli dèi greci che vivono passioni e modalità tipicamente umane. Per questo la struttura è de-gerarchizzata, pur essendoci sempre un Pai de santo (un capo religioso, uno stregone), tutti i riti sono vissuti dalla collettività e non vi sono, appunto, specifiche gerarchie.
Santi e Divinità del pantheon afro-brasiliano
Non di rado vediamo negli altari del Candomblé statuine raffiguranti Santi o Sante cristiani mescolati a offerte tipiche del culto vudù. Il sincretismo è avvenuto anche nelle orazioni e nelle preghiere, alcune figure "divine" sono state nominate come santi cristiani proprio per dar la possibilità di esprimere il proprio credo.
Ecco che Sant'Elena può essere sincretizzata come Yemaja (orisha o loa femminile) che devolve i suoi favori alle giovani innamorate. O ancora come Oshalà sia sincretizzato in qualità di Gesù Cristo e molto altro ancora. Non di rado la Vergine Maria viene sincretizzata con la figura di Erzulie che ha piena matrice vudu yoruba.
Il Candomblé in Brasile
Attualmente il Candomblé è una religione diffusissima, da un recente censimento si contano oltre due milioni di seguaci con decine di migliaia di templi o terreiros. Nella cultura brasiliana le religioni non sono sentite come esclusive, pertanto è molto probabile che un fedele al Candomblé partecipi attivamente anche ad altre confessioni. Questa fede è molto folkloristica, i riti danzanti, le feste, sono in pieno spirito brasiliano, momenti collettivi che sprigionano energia e spiritualità anche se in modo molto differente dalle nostre religioni occidentali.
Il Candomblé non è Magia Nera
Esiste una diffusa credenza rispetto al fatto che qualsivoglia religione afro-brasiliana è legata alla magia nera. Questo ha una deriva legata alle dichiarazioni stesse di Luigi XIV: "Tutti gli schiavi neri che metteranno piede sulle nostre isole saranno battezzati e istruiti nella religione cattolica apostolica e romana".
Inizialmente gravissime erano le punizioni per chi veniva trovato in possesso di un feticcio o chi tentava di proseguire il culto africano d'origine. Tuttavia, pregiudizi a parte, questa religione è molto legata alla natura e ai suoi cicli, come tutte le religioni di stampo animista dà grande valore a ogni piccola cosa. Marchiare con la magia nera tutto ciò che sfugge dalle fila del cattolicesimo era (ed è ancor oggi per alcuni) tipicamente cattolico.